mercoledì 29 giugno 2016

GAME OF THRONES: la sesta stagione


ATTENZIONE SPOILER. Un’esplosiva, in senso letterale, season finale ha lasciato Game of Thrones rinvigorito alla fine di una sesta stagione che ha sicuramente convinto. Dei molti eventi che l’hanno caratterizzata, probabilmente i due che prima della chiusura hanno spiccato sono stati la resurrezione di Jon Snow (6.02) e la commovente morte di Hodor (6.05), il cui ripetere sempre la stessa parola si spiega finalmente con il suo compito di “hold the door”, tenere la porta, in modo che Bran possa fuggire e salvarsi. Il sottofinale (6.09) è stato la spettacolosa epica cosiddetta “battaglia dei bastardi”, registicamente una vera meraviglia di scontri militari, quasi una danza, e si è chiuso con la morte del sadico Ramsay dato in pasto ai cani da Sansa, evento brutale ma appropriato, quasi appagante – il mezzo sorriso di lei non glielo si biasima.

La finalissima (6.10) ha svelato uno dei misteri più a lungo custoditi, l’identità dei genitori di Jon Snow, rivelatisi Lyanna Stark, la sorella minore di Ned Stark, che lo ha cresciuto come suo figlio, e Rhaegar Targeryen, il fratello maggiore di Daenerys. Ora Jon è acclamato re del Nord. Cersei si è ritrovata nella posizione opposta a quella in cui era in conclusione della stagione precedente, allora umiliata e sconfitta, ora proclamata regina, dopo che ha fatto esplodere il Tempio di Baelor uccidendo l’Alto Passero, la regina Margaery e il fratello, evento che ha causato il suicidio di suo figlio re Tommen. La sua trasformazione è stata più visibile che mai, segnata anche da un netto cambio nel look. Ad abiti che ne esaltavano la femminilità si sostituisce ora una divisa quasi militare. La consacrazione di questi due monarchi si è accompagnata a sguardi che sono il seme di possibili minacce alla stabilità futura. Nel caso di Jon, quello fra la sorella Sansa e Ditocorto, nel caso di Cersei quello suo con il fratello-amante Jaime.
  
La chiusura ha lasciato due decise impressioni. La prima è la forza con cui si sono imposte le donne in questo arco. Certo, Samwell Tarly, è arrivato a Vecchia Città per diventare il nuovo Maestro di Castello Nero, e ha gli occhi che gli luccicano al vedere la gigantesca biblioteca. I libri sono incatenati e in quel luogo delle meraviglie Gilly, in quanto donna con bambino, non può entrare. A quelle come lei la cultura è interdetta, viene da pensare, ma in questa stagione sono più che mai le donne a ergersi dalla massa, pronte alla battaglia, talvolta ferite ma rese più determinate se non addirittura feroci per questo: la piccola, ma tostissima Lady Lyanna Mormont infiamma il Nord con il suo discorso pro-Jon; Sansa è determinante della vittoria di suo fratello e non è più la damigella in pericolo perennemente spaventata; Yara è riconosciuta anche dallo stesso Theon come l’erede legittima dei Greyjoy; Arya si riconosce come tale e non solo come “una ragazza”  o come “nessuno” e sgozza Walder Frey dopo avergli fatto mangiare un pasticcio di carne cucinato con quella dei suoi figli; Daenerys, per un nanosecondo si è ritrovata fra i Dothraki in un’apparente situazione di debolezza, ma l’esperienza la fa trionfare velocemente, sa rinunciare al suo amante per “ragioni di Stato” e, forte anche dell’alleanza e consulenza di Tyrion, è pronta con flotta e draghi ad arrivare a Westeros.

La seconda impressione è che si sia quasi chiusa la premessa, e che ora si cominci, con tutte le pedine pronte per l’offensiva finale. Come è caratteristica di questa serie, ci sono colpi di scena e morti a profusione, ma riescono a non essere scontati e finora han sempre appassionato. E in chiusura della sesta stagione si esce energizzati: che il gioco per la conquista del Trono abbia inizio. L’inverno dopotutto è arrivato.

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